Come sarebbe bello dire “per caso”? .. Tu credi davvero che ci sia qualcosa che succede “per caso”?
Alessandro Baricco, Castelli di rabbia
Ci sono incontri che avvengono per caso, ma il “caso” quanto dura temporalmente? Esiste davvero? Il presente lo dissolve, il futuro lo rivela, nel passato è potenza.
Quando nel 1797, a soli ventun anni, il caro Abraham Mendelssohn incontrando Johann Wolfgang Goethe dichiarò: «ho visto un uomo che per me vale un’umanità», dovette pensare di esser stato favoreggiato dal caso in questo fortuito incontro senza, forse, ancora rendersi conto di ciò che era accaduto. Fu così che anni dopo si ritrovò a individuare tra le pagine goethiane alcuni dei riferimenti intellettuali e morali più saldi del proprio essere padre, sorretto in questa scelta dalla profonda cultura della moglie Lea Salomon che, tanto per citarne una, si dilettava nel leggere Omero in lingua originale.
E così l’educazione che riservarono ai loro quattro figli nella loro casa a Berlino fu talmente illuminata che a soli dodici anni Felix scrisse un poema comico in esametri dattilici, Rebecka a sedici anni lesse I Promessi Sposi in italiano e Fanny, come attesta una lettera della sorella di Abraham, eseguì a memoria i 24 Preludi e Fughe del Libro primo del Clavicembalo ben temperato a soli tredici anni. Insomma, il loro gioco preferito sembrava anticipare i Guinnes dei primati.
Ancora si potrebbe credere un caso la decisione di Abraham di affidare la formazione musicale di Felix e Fanny al compositore Carl Friedrich Zelter, direttore della Sing-Akademie di Berlino e, guarda a caso, consulente musicale e intimo amico di Goethe. Esatto, proprio il grande pensatore e scrittore a cui il 26 ottobre 1821 Zelter scrisse in una lettera: «Ti voglio far vedere di persona il mio Doris e il mio più grande pupillo prima che io lasci questo mondo, dove comunque voglio rimanere il più a lungo possibile. Il ragazzo è buono e carino, vivace e obbediente».

Il primo incontro
A quale dei pupilli si riferiva? Ovviamente a Felix! L’«egualmente dotata» Fanny, come poi la definì Goethe, ebbe la sfortuna e fortuna, dipende dai punti di vista, di possedere un utero. «La musica forse diventerà la professione di Felix mentre per te può e deve essere solo un ornamento», sanciva già nel 1820 il padre Abraham. In ogni caso il dodicenne Felix, caricato di non poche aspettative dalla famiglia, il 6 novembre 1821 colpì nel segno, tanto che l’incontro tra questo ragazzino e «il sole di Weimar», come Felix stesso lo definì, fu raccontato nei minimi particolari dalle fonti storiche. Le testimonianze raccontano che quando Zelter infine domandò a Goethe dell’incontro con Mozart, avvenuto dieci anni prima, egli rispose: «ciò che il tuo allievo sa fare ora sta al Mozart di sette anni come la conversazione erudita di un adulto sta alle ciarle di un bambino».
Di fronte al sorriso sul petto gonfio di Zelter, Goethe approfittò per convincerlo a recarsi a Jena da solo cosicché il piccolo prodigio potesse rimanere ancora qualche giorno nella sua casa. In quei giorni Felix raccontò a Goethe che la sorella Fanny avrebbe desiderato alcuni suoi versi per comporre della musica, così in occasione del ritorno verso casa, oltre a una medaglia d’argento con un suo ritratto per ricordo, il poeta gli consegnò uno scritto che la «cara ragazza» mise presto in musica:

Il secondo incontro
Ovviamente la storia non poteva finire qui. L’anno successivo, di fronte a una crisi depressiva della moglie, Abraham decise di mettere tutta la famiglia in viaggio e nell’autunno raggiunsero Weimar, dove furono tutti ospiti da Goethe. Quest’ultimo in preda alla gioia per l’avvenimento si rivolse a Felix addirittura dicendo: «Io sono Saul, tu sei il mio David; quando mi assillano malinconia e preoccupazioni, allora tu vieni a me e mi allieti con il suono della tua cetra». Quando la famiglia Mendelssohn ripartì Goethe amplificò il carteggio con Zelter: doveva conoscere ogni particolare dei progressi di Felix Mendelssohn.
Il ragazzo non mancava di collezionare una conferma dopo l’altra circa il proprio talento, ma il padre Abraham, ancora non convinto della profonda vocazione musicale di Felix, decise di testarla in maniera definitiva. Nella primavera del 1825, dovendo recarsi a Parigi per prendere la sorella Henriette, presenta Felix a quello che a sua vista era il più grande compositore vivente: Luigi Cherubini. La severità di quest’ultimo all’epoca rappresentava un vero spauracchio nel mondo musicale: si racconta infatti che a un giovane musicista che suonò per lui fu in grado di chiedere, con spocchioso sarcasmo, se forse sapeva dipingere. Ebbene, ancora una volta Abraham trovò da Cherubini la conferma che forse non stava cercando e sulla quale Zelter non mancò di ironizzare con Goethe. «Ha fatto un bel tiro a Cherubini: un Kyrie che si può sentire e vedere tranquillamente, tanto più che il nostro bravo ragazzo lo ha composto secondo il suo temperamento, e, abbastanza ironicamente, nel pezzo ci trovi uno spirito che…Cherubini ha sempre cercato e…mai trovato», gli scrisse.
Il terzo incontro
Al ritorno da Parigi, verso la fine di maggio, Felix fece tappa a Weimar per salutare Goethe e sorprenderlo con il suo Piano Quartet n. 3 op. 3 che gli aveva dedicato. Composto tra il 1824 e il 1825, è il brano che maggiormente, tra le prime composizioni di Mendelssohn, mette in luce la padronanza tecnica e le possibilità del giovane compositore. Vi propongo qui il primo movimento in una curiosa forma sonata, interpretato dal prestigioso Quartetto Fauré, formazione tedesca fondata nel 1995 da quattro ex studenti del conservatorio di Karlsruhe: Erika Geldsetzer (violino), Sascha Frömbling (viola), Konstantin Heidrich (violoncello) e Dirk Mommertz (pianoforte). E proprio quest’ultimo deve assumere il ruolo di Cicerone nelle pagine di Mendelssohn, che affida al pianoforte la presentazione di ciascuno dei due temi dell’Allegro molto. Tra loro si colloca una sezione di sviluppo che presenta ancora nuovo materiale melodico e il brano conclude con una coda che, vivace, richiama il primo tema.
La dedica a Goethe è qui molto significativa: era la sua terza opera e finora aveva dedicato la prima al principe Anton Radziwill e la seconda al proprio maestro, Zelter. Così Mendelssohn dimostrava di aver eletto Goethe a proprio padre umanistico e spirituale, al quale continuò a guardare per l’intera sua vita. Lo fece al punto che il filosofo e giornalista Éric Werner ricollega a questa paternità l’anacronismo dei principi politici e morali di Mendelssohn.
Dal cuore
Effettivamente quello tra i due fu uno scambio profondamente umano, oltre che artistico, un’amicizia vera sorretta da un’intima condivisione degli stessi valori. Goethe, infatti, ricambiò subito quella dedica e il 18 giugno 1825 scrisse a Felix una lettera che Zelter definì «d’amore»:
Mi hai dato un così grande piacere, mio caro Felix, con il tuo regalo; che, come già annunciato, mi ha colto di sorpresa. La stampa, il titolo e la splendida rilegatura, tutto contribuisce a farne un magnifico regalo. Lo considero l’incarnazione graziosa dell’anima bellissima, ricca ed energica che mi ha così colpito quando per la prima volta mi hai fatto fare conoscenza con essa. Ti prego, accetta i miei più sentiti ringraziamenti, e lasciami sperare che tu presto mi dia una nuova opportunità per ammirare di persona i frutti della tua incredibile attività. Ricordami alla tua bella famiglia, alla tua sorella egualmente talentuosa e al tuo eccellente maestro. Che possa una vivace memoria di me rimanere in questo cerchio.
Tuo fedele J. W. Goethe
Tra i due ci fu anche un quarto incontro, ma ve lo racconto un’altra volta. Nel frattempo iscrivetevi alla mia newsletter! Niente spam e non più di una mail alla settimana: https://creative-creator-9215.ck.page/5bcebd93d6
Veronica Pederzolli