La prima volta che mi sono trovata di fronte a una classe di bambini ho raccontato e fatto ascoltare l’Histoire de Babar, quel piccolo romanzo di formazione scritto e disegnato nel 1931 da Jean de Bruhnoff che Francis Poulenc conobbe grazie alla nipotina. Lei infatti, dopo aver ascoltato a lungo la musica dello zio al pianoforte se ne uscì con: «Che noia! Perché non suoni questo?» e gli diede il suo libro di Babar l’elefantino.
Era il 1940 e proprio l’anno prima Laurent de Bronhoff aveva fatto ripubblicare dalle Èditions Hachette l’Histoire de Babar, la storia che il padre Jean aveva trascritto dai racconti della moglie ai figli e che era diventata una vera moda tra i bambini francesi. Come non crederci di fronte alle avventure di questo elefantino che impara a reagire alle avversità, a vivere con un bicchiere mezzo pieno anziché mezzo vuoto e a considerare ogni esperienza come un’occasione di crescita. Emergono poi nella favola i valori della famiglia, il cui legame è saldissimo, dell’amicizia, che nasce così profonda con qualcuno di diverso, e dell’amore, vissuto con grande gioia e naturalezza.
Poulenc ci mise cinque anni a terminare l’opera e quando sentì di esserci riuscito scrisse subito a Pierre Bernac, amico e cantate: «Ho completato l’abbozzo del mio Babar e sto per cominciare a ricopiare: penso che sarà spassoso. La difficoltà è di non realizzare una serie di piccoli pezzi staccati ma una sorta di mosaico». Possiamo dirlo: difficoltà superata. I rimandi tra ciascuno dei piccoli pezzi sono palpabili e si richiamano a vicenda, come il ritorno della melodia iniziale quando Babar, triste, guarda fuori dalla finestra e pensa alla mamma. O ancora, nell’ambientazione cittadina, tutte quelle gestualità pianistiche che fuoriescono e ritornano nei diversi pezzi richiamando il mondo sonoro di autobus, vigili, clacson e persone.
Si potrebbe infatti dire che in questo melologo il comun denominatore è la vena coloristica e così ironica di Poulenc, senza la quale davvero non si potrebbe più immaginare questo elefantino.
Se vi è venuta voglia di far passare ai vostri bambini una mezz’oretta con Babar e Poulenc c’è un’ottima proposta da parte della Società Filarmonica di Trento, che per MiniFilarmonica- sul Filo ha ha registrato La storia di Babar per offrirla ai bambini sul proprio canale digitale. Realizzata con il coordinamento artistico di Alessandro Arnoldo, direttore d’orchestra trentino, è interpretata da Stefano Visintainer e Marco Rinaudo al pianoforte: i colori emergono dal loro tocco, che vive in una buonissima simbiosi nel raccontare dell’avventura di Babar e sceglie spesso di sveltire i movimenti più lenti.

L’aura poetica è poi regalata dai disegni di sabbia, così semplici e commoventi, della sand artist Nadia Ischia che scrive: «la musica guida le mani, i disegni di sabbia appaiono, si fondono, spariscono e rinascono». Infine un grande plauso va a Federica Chiusole, attrice e autrice trentina che per la Filarmonica si è fatta voce narrante, veicolo tra le possibilità immaginative. La sua voce calda, timbrata, culla all’ascolto e incuriosisce sempre ad andare avanti. E come non si potrebbe, ora che occhi, orecchie e cuori sono pronti!


Esattamente cinquantotto anni fa scompariva Poulenc, era il 30 gennaio 1963. In Italia la sua è spesso considerata musica difficile per l’ascoltatore, mentre i parigini dicono di sentirla naturalissima e così affine al proprio spirito e alla propria città. Ecco, l’Histoire de Babar oggi vi farà sentire più parigini che mai perché davvero non potrete che innamorarvene.
Qui il link per guardarla: https://www.ontheatre.tv/La-storia-di-Babar-6cee5f00?fbclid=IwAR03ET14JNjN97apQmabeIkug1Pza1ngschLfj3QUTH_1V2fy3-kKwJp5bs
Veronica Pederzolli