Filologia musicale e tecnologie digitali a colloquio con la prassi esecutiva. Puntata I.
Rinascere si può, anche in un periodo storico di crisi: lo dimostra «Polifonie. Storia e teoria della coralità», la rivista musicologica scientifica organo del Centro di Studi Guidoniani, pubblicata a cadenza annuale dalla Fondazione “Guido d’Arezzo” che nel 2020 ha inaugurato una nuova fase della propria attività. Lo ha fatto attraverso il rinnovamento del comitato scientifico internazionale, ora formato da quattordici studiosi di prestigio internazionale, attraverso l’adozione della procedura di valutazione double blind peer-review a garanzia del rigore scientifico e dell’originalità dei contributi, e attraverso la costruzione di un sito in duplice versione, italiana e inglese, che consenta di scaricare gratuitamente il nuovo formato open access della rivista. Questo archivio online della rivista sarà reso disponibile ai lettori non più tardi di febbraio, assieme al nuovo numero di «Polifonie», che sarà poi inviato a biblioteche musicali di tutto il mondo, oltre che ai cori e alle associazioni corali.
Il merito di questa svolta è tutto da attribuire a Cecilia Luzzi, musicologa aretina che dopo aver insegnato Storia delle Teorie musicali all’Università di Parma è ora docente di Storia ed estetica della musica al Liceo Musicale di Arezzo. Luzzi, come la definisce il direttore di «Polifonie» Claudio Santori, è «l’anima profonda di questa rivista», colei che ha guidato il comitato di redazione a rilanciare non solo la rivista, «che oggi rinasce come l’araba fenice», ma anche lo stesso Centro di Studi Guidoniani, fondato da Francesco Luisi nel 2001 assieme a «Polifonie» e poi rimasto dormiente per anni.

Il 12 e 13 dicembre 2020 il Centro Studi Guidoniani ha dunque riaperto la propria attività con il convegno Filologia musicale e tecnologie digitali a colloquio con la prassi esecutiva, distribuito in diretta streaming e ora disponibile sul canale YouTube della Fondazione “Guido d’Arezzo”.
Perché ve lo racconto? Perché questo convegno affronta un argomento davvero fondamentale al giorno d’oggi: il rapporto tra musica e nuove tecnologie. Tratta non solo di quella rivoluzione che ha travolto l’editoria musicale, ma anche del grado di affidabilità delle partiture reperibili su internet con una semplice ricerca google, dei progetti illuminati di coloro che hanno fuso le digital humanities con la ricerca filologica e di coloro che lavorano tutti i giorni per ricostruire praticamente le sonorità del repertorio antico secondo criteri di autenticità.
«Il tutto è fatto nell’insegna di Guido d’Arezzo – specifica Luzzi – che è spesso ricordato per il suo sistema di notazione, ma che ha anche unito insieme la teoria e la pratica musicale. La teoria nel Medioevo era questione dei teorici, astratta dalla prassi, e invece con Guido venne a crearsi una sinergia. Questo convegno intende creare una sinergia tra musicologi, coloro che si dedicano all’attività teorica, alla cura delle edizioni critiche musicali, direttori di coro, e quindi gli interpreti, perché la musica è concepita per essere eseguita, e i tecnologi, il cui settore è importantissimo».
Un convegno che merita davvero di essere ascoltato e che da oggi vi proporrò a puntate, una al mese e sempre nel penultimo venerdì. Questo perché possiate ritagliarvi del tempo nel weekend per approfondire la questione, per ascoltare questi grandissimi e per scoprire risorse nuove nel fare musica corale. Gli spunti sono tantissimi.
E allora partiamo con la prima proposta: l’intervento Prospettive della musicologia digitale: dalla ricerca alla disseminazione di Philippe Vendrix (CNRS – Centre d’études supérieures de la Renaissance – Université de Tours). Durata: 32 minuti – video allegato da 26’ 30’’ a 58’ 15’’.
A partire dall’inquadrare la trasformazione che il mondo scientifico ha imposto nella diffusione dei risultati della ricerca, Vendrix racconta in italiano dell’«avventura e disavventura digitale» del progetto Ricercar del Centre d’études supérieures de la Renaissance dell’Université de Tours. Un progetto di ricerca sulla musica rinascimentale che mira a costruire database, a mettere online i repertori, a creare strumenti digitali per poi investire nella loro promozione. Vendrix porta il magnifico esempio di Gesualdo Online, un’«impresa musicologica» che presenta i lavori di trascrizione di Gesualdo e ne spiega i risultati emersi nel workshop dedicato. Sicuramente una risorsa gigantesca per l’interprete a cui è chiesto di intervenire, di dire la propria. «Il nuovo ruolo della musicologia è quello di collaborare sempre più con l’interprete per ricavarsi il proprio posto all’interno di quelle industrie culturali ricreative che sono promosse e sostenute dall’Europa stessa».
Alla prossima puntata
Veronica Pederzolli