Ella ama sottrarsi a microfoni e riflettori, eppure è riconosciuta come una delle più grandi violiniste del nostri giorni. Isabelle Faust venerdì 16 ottobre arriverà a Trento per la Stagione dei Concerti della Filarmonica e si esibirà in trio alle 18 e alle 20:30. La violinista tedesca cominciò a far parlare di sé già in tenera età quando a quindici anni vinse la Leopold Mozart Competition e poi, sei anni dopo, il prestigiosissimo concorso Paganini. Cominciarono così ad arrivare gli inviti dalle orchestre più importanti del mondo, i Berliner Philharmoniker, l’Orchestra of the Age of Enlightenment, la Boston Symphony Orchestra o la NHK Symphony Orchestra di Tokyo. A oggi non ha ancora creato un sito web e dal 1996 viaggia e suona con il suo Stradivari Bella Addormentata, il violino che rimase per più di 150 anni dimenticato nella casa di un’aristocratica senza che nessuno lo toccasse.
Ascoltarla è un’avventura grazie alla sua straordinaria capacità comunicativa e alla sua tecnica così brillante che mai manca di essere a servizio della musica. Figuriamoci poi se, come sarà in Filarmonica, lo fa su Beethoven con Jean Guihen Queyras al violoncello e Alexander Melnikov al pianoforte. Con quest’ultimo, infatti, vinse Diapason d’Or e il Gramophone Award per quell’incisione delle sonate per violino e pianoforte di Beethoven che in maniera così convincente riuscì a far luce sulla densità musicale sottesa a queste pagine.
A Trento è però la volta di un Beethoven diverso dalle sonate, nonostante continui a guardare a Mozart anche nell’Introduzione e variazioni per trio con pf. in Sol magg. op. 121a sul Lied “Ich bin der Schneider Kakadu” di Wenzel Müller. Qui la parte iniziale riporta alla mobilità armonica e drammatica della Fantasia in do minore mozartiana per poi allontanarsene in maniera decisiva con le variazioni, coloratissime dal punto di vista stilistico. Decisamente un brano che mette in luce anche le qualità virtuosistiche di Melnikov, oltre che il suo amore per la prassi esecutiva filologica: la sonorità richiesta da Beethoven in alcuni passaggi appare quasi cembalistica.
Il concerto si chiude con la più importante pagina beethoveniana in materia di trio, il Trio in si bemolle maggiore op. 97. Detto anche “dell’Arciduca” fu dedicato all’allievo Rodolfo, fratello minore dell’imperatore e nipote del principe elettore di Bonn, che non mancò mai di aiutarlo consapevole del talento di Ludwig. Il Trio fu composto nello stesso anno in cui Beethoven cominciò a lavorare alla Settima e all’Ottava sinfonia e un poco assorbì il geniale respiro sinfonico, preannunciando anche l’estrema ricerca degli ultimi anni. Tema chiave in questo senso è l’Andante cantabile, il cui tema nel passare da uno strumento all’altro si farà ascoltare anche nell’interpretazione del violoncellista Jean Guihen Queyras, musicista eclettico il cui marchio è sempre sinonimo di qualità.
In Filarmonica a Trento il turno delle 16 è sold out, mentre qualche posto prenotabile rimane per il turno delle 20:30.
Veronica Pederzolli
il presente articolo è stato pubblicato il 16 ottobre a pag. 11 sul Corriere del Trentino