La mattina scelgo raramente cosa ascoltare. Mentre faccio colazione scelgo un mood per una playlist Spotify, lascio che YouTube salti di palo in frasca e qualche volta accendo la radio.
Così ieri, tra pensieri, un sorso di tè e l’ennesimo biscotto vengo improvvisamente riportata all’ascolto: c’è una canzone pop che cita la Suite n.2 dal Romeo e Giulietta di Prokofiev! A dire il vero non è cosa nuova che i cantautori moderni rubino dai grandissimi del passato, ma Robbie Williams – di cui per fortuna conosco solo Angels – nella sua Party like a Russian del 2016 ha fatto quel che si potrebbe dire un copia e incolla, più che una citazione. Ascoltare per credere:
La mente è subito finita all’esecuzione più convincente di quelle due Suites che Sergej Prokofiev creò nel 1936 dopo che il suo balletto Romeo e Giulietta fu dichiarato impossibile da ballare e fu tolto dal cartellone del Teatro Bolshoi.
Convinto della propria opera Prokofiev estrapolò dal balletto due suites sinfoniche, la prima caratterizzata da una forte autonomia drammaturgica slegata dagli avvenimenti della vicenda, la seconda invece decisamente narrativa. Due suites che rimangono e rimasero interessantissime anche quando il balletto approdò finalmente al Bolshoi nel 1946 dopo il successo delle esecuzioni al Mahen Theatre di Brno e al Kirov di Leningrado: dimostrano quanto la forza e la vitalità evocativa della musica composta da Prokofiev per il Romeo e Giulietta sia bastevole a se stessa.
Ma ora veniamo all’esecuzione di cui parlavo. È di Daniele Gatti, a mio parere il più grande direttore italiano vivente. Lui con la Concertgebouworkest decise di scegliere alcuni numeri da queste suites e proporli, mescolandoli, uno dopo l’altro nel tentativo di aderire il più possibile alla tragedia scespiriana. D’altronde sappiamo che Prokofiev con il balletto Romeo e Giulietta provò a rispondere alla domanda «Dove sono i nuovi Shakespeare?» che Malraux pose in occasione del Primo Congresso degli Scrittori Sovietici dell’agosto 1934, per l’appunto tutto dedicato a William Shakespeare. La risposta di Prokofiev non fu certo filologica – a partire dal lieto fine che inizialmente caratterizzava il balleto! – come certo non lo è la scelta di Gatti. «Non so dirvi se questo funzioni», dichiara Gatti nel presentare la registrazione del concerto del 22 agosto 2013, «ma vedo che l’impatto con l’ascoltatore è molto buono perché è condotto direttamente all’interno della tragedia. Questo per me è ciò che conta all’interno di un concerto, raccontare qualcosa anziché giustapporre semplicemente un pezzo all’altro».
Ecco dunque la successione ideata da Gatti:
- Montecchi e Capuleti (2a suite/1)
- La Giovane Giulietta (2a suite/2)
- Madrigale (1a suite/3)
- Minuetto (1a suite/4)
- Romeo e Giulietta (1a suite/6)
- Morte di Tibaldo (1a suite/7)
- Romeo e Giulietta prima della separazione (2a suite/5)
- Romeo presso la tomba di Giulietta (2a suite/7)
Introducono i primi due numeri della seconda suite, che dall’atmosfera bellicosa del tema richiamato da Williams si apre in un momento di estremo lirismo nell’immaginare la piccola Giulietta in compagnia della sua nutrice. A essa segue la raffinatezza di Madrigale, tutto atto a celebrare l’amore dei due giovani, dal quale Minuetto irrompe con un colpo di piatti: la telecamera stacca il primo piano sui due protagonisti e racconta dello sfondo, l’arrivo degli invitati al ballo. La dolcezza della scena del balcone si dipana tra frasi legatissime e palpitazioni finché il combattimento tra Romeo e Tibaldo ha inizio, nella drammaticità della sua conclusione, sottolineata in particolar modo da archi e ottoni. Drammaticità poi portata all’esasperazione nell’ultimo movimento della seconda suite, in quell’Adagio funebre che fa parlare di colori verdiani.
A proposito del Romeo e Giulietta Sergej Ėjzenštejn (https://fragoleclavicembali.it/2019/11/25/ejzenstejn-la-musica-e-suo-padre-storia-di-un-trio/), che proprio in quel periodo cominciava a collaborare con il compositore sovietico, scrisse: «Prokofiev scrive una musica ‘plastica’ che non si accontenta di essere illustrazione, ma rivela il movimento interno dei fatti e la struttura dinamica, cioè l’essenza e il significato di ogni evento». Allo stesso modo oggi possiamo dire che Gatti è riuscito in questa esecuzione a cogliere e mostrare con grandissima naturalezza l’essenza di queste musiche, mettendone proprio in luce la loro grande dinamicità.
Veronica Pederzolli