Il Mediterraneo non lascia indenni e i suoi numeri, che ormai non sappiamo più contare, dilagano nel pensiero e fanno urlare l’arte, che non manca di interrogare criticamente l’ordine del reale.
L’ha fatto Clément Cogitore nell’incredibile versione di Les Indes Galantes all’Opéra di Parigi (https://fragoleclavicembali.it/2019/10/19/le-indie-mai-state-cosi-vicine/).
Lo fa Robert Carsen con l’Idomeneo, re di Creta mozartiano nell’allestimento che l’8 novembre andrà in scena al Teatro Costanzi per la stagione del Teatro dell’Opera di Roma.
«Non potevo ambientare questa storia all’epoca della guerra di Troia», dichiara l’affermatissimo Carsen che ha fatto della regia contemporanea il proprio cavallo di battaglia. E così fa salire sul palco rifugiati, richiedenti asilo e Rom. Quella dell’Idomeneo d’altronde è una storia governata dal Mediterraneo tanto quanto quella di coloro che arrivano alla Comunità di Sant’Egidio di Roma, che dagli anni Settanta accoglie i migranti favorendo il loro inserimento nella società italiana.
Nel libretto di Gianbattista Varesco utilizzato da Mozart, infatti, Idiamante governa Creta credendo che il padre Idomeneo sia morto in un naufragio durante il ritorno dalla guerra di Troia. Un giorno sulla spiaggia vede però il padre approdare alle sue rive sano e salvo e il figlio, emozionato, gli corre tra le braccia. Ma Idomeneo nella traversata aveva giurato a Nettuno che in cambio della sua salvezza avrebbe sacrificato la prima persona che avesse incontrato una volta raggiunta Creta. Il destino è dunque segnato: Idomeneo deve uccidere Idiamante. La vicenda prosegue tra gelosie, mostri marini e il terrore di un padre costretto a immolare suo figlio. Ma ancora una volta è il mare a decidere: Nettuno concede la grazia a Idiamante.

E così l’idea di Carsen è quella di mettere in scena una grande storia di guerra e pace nel Mediterraneo guardata dagli occhi di due generazioni, quella di Idomeneo devota alla guerra e quella di Idiamante e Ilia che riescono a scrutare altre strade possibili. «Questa opposizione tra la vecchia generazione e la vita nuova che deve cominciare non si può realizzare in senso mitologico. Ho dovuto mettere le radici di tutto questo in un mondo familiare al pubblico», conclude Carsen. La forza del suo “familiare” sta in quei sedici uomini e quindici donne siriane che sul palco rivivranno il loro itinere verso la salvezza: undici di loro l’hanno fatto in mare.

Una denuncia contro la guerra pienamente abbracciata dal direttore Michele Mariotti che proprio con Idomeneo debutta all’Opera di Roma: «Il nostro vuole essere un messaggio di pace e amore: nell’opera la presenza del mare è totalizzante e ho cercato di renderla in ogni parte», afferma. Il giovane direttore pesarese che solitamente ama considerarsi “di vecchia generazione” e che ritrae la sua vacanza ideale con la partitura in mano, proprio non regge la parte del talento polveroso avulso dal qui ed ora. Ancora una volta sceglie di concentrare la sua attenzione sull’attualità della vicenda, sul dramma psicologico dei suoi personaggi, proprio come ad agosto aveva fatto con la Semiramide. La partitura di Mozart, poi, calza a pennello: è la prima in cui il compositore salisburghese lavora così a fondo nella caratterizzazione musicale dei personaggi. «Sarà una lettura inquieta, – continua Mariotti – bianca e nera, tagliente, con momenti di dolcezza ma anche di violenza in un’opera estremamente moderna e attuale, mai vincolata alla cultura che l’ha generata».
Insomma, un allestimento da vedere per mille motivi: l’impegno etico del messaggio, l’incredibile stravolgimento operato sull’ambientazione dell’opera ma anche la consapevolezza del profondo rispetto per la partitura che ha sempre caratterizzato il lavoro di Mariotti e che sembra spesso guidare Carsen nei suoi stravolgimenti. In verità con l’Idomeneo Carsen ha già giocato a Madrid tra febbraio e marzo ambientandolo in un campo profughi e concentrandosi sulla fatalità del mare. Di certo ci sarà qualcosa di questo anche a Roma, ma staremo a vedere.